Il “confine mediterraneo”: quando il mare divide
Il “confine mediterraneo”: quando il mare divide

Il “confine mediterraneo”: quando il mare divide

Il “confine mediterraneo”: quando il mare divide

Il Mar Mediterraneo, nel corso della storia, è stato rinominato in diversi modi: ad esempio per gli antichi romani era il mare nostrum, per via delle mire espansionistiche dell’impero che riuscì conquistare tutte le sue sponde rendendo il suo dominio a lungo incontrastato e facendone il luogo in cui si svolgevano i principali traffici commerciali. Per gli arabi invece, era il “mar siriaco” o il “mare romano”.

È un mare che oggi non solo tocca solo diversi Stati, ma addirittura diversi continenti: quello europeo, africano ed asiatico. Tutta l’area del Mediterraneo è da sempre definita come “culla della civiltà”, in quanto palcoscenico delle maggiori vicende storiche che hanno segnato l’evoluzione della civiltà occidentale. Ponte tra Oriente e Occidente, è stato il luogo di nascita delle tre religioni monoteistiche.

Da luogo di incontro a luogo di scontro

Nel corso della storia si è passati dal vedere il Mediterraneo come spazio di accoglienza, incontro, confronto e arricchimento, al vederlo come teatro di divisioni, conflitti, sofferenze e ingiustizie. Pertanto, non parliamo solo di un luogo geografico ma anche di quello spazio in cui nasce la percezione che abbiamo dell’altro, di chi, più precisamente, non è europeo. Oggi il Mediterraneo è l’emblema di contraddizioni di tipo antropologico e politico che raggiungono il culmine – ma non si esauriscono- nella politica migratoria europea. Wendy Brown, filosofa americana, scrive che il Mare Nostrum oggi è «luogo di performance teatrale e spettacolarizzata del potere» in cui di fronte alla crisi umanitaria che continua a lasciare i suoi strascichi e a mietere vittime nelle acque del Mediterraneo, c’è chi preferisce fare muso duro verso chi non può ricorrere a nessuna difesa.

“Il confine mediterraneo”

Il Mar Mediterraneo, se guardiamo al suo assunto storico, non è di per sé un confine, anzi non lo è mai stato; ha assunto questa connotazione grazie ai media, alle politiche di chiusura e di esternalizzazione delle frontiere, alla cattiva informazione e ai traffici illegali. Quest’area vede così configurarsi diversi tipi di confini: fisici e reali, tangibili e immaginari, così come politici e geopolitici. Ad esempio, con le operazioni di militarizzazione e pattugliamento delle coste avviate tra il 2013 e il 2017, il confine europeo è stato spostato in mare, o meglio, subito oltre le coste libiche. Nel libro “Il confine Mediterraneo”, il professor Valerio De Cesaris, rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, invita, invece, a riflettere e a ribaltare il punto di vista scrivendo che «[…] il Mediterraneo, più che dividere, unisce l’Europa all’Africa. Non si può riflettere sull’Europa senza gettare uno sguardo a sud».

Alla ricerca di un Mediterraneo unito

Tra gli anni ’80 e ’90 l’Italia ambiva alla creazione di un’organizzazione transmediterranea che comprendesse i Paesi europei, asiatici e africani affacciati sulle sponde del Mare Nostrum. Il problema però furono le discrepanze tra Nord e Sud all’interno della stessa Europa: mentre Italia, Francia e Spagna spingevano verso il Processo di Barcellona, Regno Unito e Germania preferivano un allargamento verso Est. Nel novembre 1995 a Barcellona si tenne una conferenza che aveva come obiettivo il mantenimento di pace e stabilità nel Mediterraneo tramite la cooperazione in diverse materie: economia e finanza, politica, cultura e società. Vi presero parte 15 Paesi dell’allora Comunità europea (CE) e i ministri degli Esteri di Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e l’Autorità Palestinese, mentre la Libia mantenne lo status di osservatore.

L’attentato alle Torri gemelle nel 2001 mise a repentaglio l’intero ordine mondiale e così anche questa iniziativa per il Mediterraneo iniziò ad essere messa da parte. Sei anni dopo i leader di Spagna, Francia e Italia (rispettivamente Josè Zapatero, Nicholàs Sarkozy e Romano Prodi) firmarono un accordo, che venne approvato l’anno successivo, allo scopo di riavvicinare i rapporti euro- mediterranei. Nel luglio del 2008 nacque l’Unione per il Mediterraneo a cui aderirono 43 Paesi, europei e non. Tra i vari obiettivi, quelli in materia migratoria furono:

  • Cooperazione nella gestione delle migrazioni
  • Lotta al terrorismo

Questa iniziativa però giunse presto a termine in quanto la Germania era fortemente contraria all’uso di fondi europei per un’iniziativa considerata in modo miopie come “extra europea”; inoltre tra gli stessi Paesi dell’Unione per il Mediterraneo iniziarono ad emergere forti segnali di contrasti e divisioni.

Oggi gli Stati europei non sono più la “porta d’Europa”; al contrario, fanno parte di quella che chiamiamo “fortezza Europa”. Oggi si tende alla chiusura dei confini, ad affidare la gestione di una “problematica” europea a Paesi terzi, lontani dal rispetto degli standard democratici (si vedano gli accordi tra l’Italia e la Libia, la Spagna e il Marocco, l’UE e la Turchia). Tutto ciò rende allo stesso tempo più lontana ma tuttavia sempre più necessaria quella, solo sfiorata, unità del Mediterraneo.