Cosa c’è dietro la crisi migratoria di Ceuta?
Cosa c’è dietro la crisi migratoria di Ceuta?

Cosa c’è dietro la crisi migratoria di Ceuta?

Cosa c’è dietro la crisi migratoria di Ceuta?

Il dibattito migratorio odierno tende spesso a delineare la situazione nel Mediterraneo centrale, orientale e lungo la rotta balcanica, considerando parzialmente la penisola iberica che, con lo Stretto di Gibilterra, è punto di raccordo tra Africa e Europa.

Dall’Africa all’Europa

Per i migranti irregolari che attraversano la rotta occidentale, lo Stretto rappresenta uno tra i principali punti di accesso al continente europeo. Questa rotta, interconnessa a quella atlantica, è composta da percorsi via mare e via terra. Il primo collega Tangeri e Tetouan (Marocco) a Tarifa e Algeciras (Spagna), mentre l’altro vede coinvolte le enclave di Ceuta e Melilla, in terra marocchina, ma appartenenti alla Spagna dal 1400. Con l’ingresso spagnolo nell’Ue, nel 1986, Ceuta e Melilla sono rimasti, gli unici territori europei in Africa.

La Spagna è stata tra i primi Paesi europei, tra il 1995 e il 2005, ad erigere delle recinzioni intorno ai propri confini per arginare i flussi migratori, perimetrando le due enclave e divenendo così emblema della sicurezza dei confini e quelle zone di frontiera le più controllate d’Europa, grazie alla collaborazione tra Guardia Civil e polizia marocchina.

L’arduo contenimento dell’immigrazione irregolare favorita dalla posizione geograficamente strategica di Ceuta e Melilla hanno portato diverse volte il Paese iberico ad essere condannato dalla CEDU per violazioni dei diritti umani, specie riguardo i soventi respingimenti illegali avvenuti dopo i tentativi dei migranti di scavalcare le recinzioni attorno alle enclave.

Vittime di un incidente diplomatico

Nell’ultima settimana, la rotta occidentale è tornata a far parlar di sé. Ma cosa sta succedendo? Cosa c’è dietro l’improvviso incremento del flusso migratorio verso Ceuta?

Al centro del dibattito politico internazionale vi sarebbe un inasprimento dei rapporti diplomatici ispano- marocchini che ha riversato le sue criticità sull’enclave coinvolgendo la vita di 8000 persone.

I rapporti tra Rabat e Madrid si sono inaspriti a causa di una divergenza diplomatica che ha visto il Marocco accusare già da alcuni mesi la Spagna di prestare cure mediche al leader del Frente Polisario, Brahim Ghali, recatosi in Spagna sotto falso nome, dopo aver contratto il Covid.

Il Frente Polisario è un movimento politico che, supportato da vari Stati (tra cui l’Algeria), chiede la secessione della regione del Sahara Occidentale (porzione di territorio a lungo oggetto di contesa tra più Stati, tra cui anche la Spagna, e di cui ancora oggi si discute la sovranità) dal Marocco che, invece, la rivendica come parte integrante del proprio territorio. Tra i due attori non sono mancati in passato scontri anche di natura violenta e a cui sono seguiti interventi dell’Onu con missioni ad hoc e cessate il fuoco. La vicenda non ha mancato di suscitare imbarazzo e indignazione anche in terra spagnola, poiché Ghali, già dal 2016 nella lista dei ricercati dalle autorità giudiziarie di Madrid, risulta imputato di vari capi di accusa tra cui violazione dei diritti umani e terrorismo anche nei confronti di cittadini spagnoli.

Rabat ha così espresso la sua delusione per una tale azione da parte della Spagna, giudicando insussistente la giustificazione di Madrid di aver agito solo in funzione umanitaria. Ma ciò non è bastato: è iniziata la rappresaglia. Questo “incidente diplomatico”, infatti, si è riversato sulle tristi sorti dei migranti, da quando il Ministro marocchino per i Diritti Umani, El Mustapha Ramid, ha dichiarato all’improvviso la necessità di dover allentare i controlli alla frontiera ispano- marocchina.

A partire dalla notte tra sabato e domenica, le guardie di frontiera di Rabat hanno smesso di pattugliare le recinzioni attorno alle enclave e così, nei giorni successivi, più di 8000 migranti hanno aggirato le barriere attorno a Ceuta per giungere sulla spiaggia di Tarajal. Di questi, 1500 erano minori e moltissime donne. Un breve ingresso record in Europa avvenuto in sole 36 ore.

All’arrivo dei migranti, la Spagna ha dispiegato uomini e mezzi blindati per contenere “l’invasione” ricorrendo anche all’uso della forza. Madrid non si è smentita, ricorrendo ai respingimenti illegali senza che ai migranti potesse essere concesso il tempo o la possibilità di chiedere protezione o asilo. In tutta questa vicenda concentratasi attorno a Ceuta, anche Melilla ha visto l’approdo di un centinaio di migranti. Cruciale è stato anche il ruolo delle ONG nel prestare soccorsi ai profughi.

Un po’ di dati

Nel 2017, gli arrivi in Spagna sono stati 28.349, cosa che ha destato non poche preoccupazioni, portando alla stipula, nel 2019, di un accordo di cooperazione con il Marocco per arginare il numero di arrivi lungo questa rotta. Dall’inizio del 2021, secondo i dati UNHCR, la Spagna resta il secondo Paese con il maggior numero di approdi: 9.160 (contro i 13.298 dell’Italia).

È chiaro come l’azione di Rabat nell’allentamento dei controlli alle frontiere potesse risultare la “controffensiva” più plausibile ed efficace. Questo evento, oltre a mostrare l’ipocrisia e la poca trasparenza degli accordi bilaterali in materia di migrazioni- tra cui troviamo anche il Memorandum d’Intesa italo- libico (2017) e quello euro- turco (2016) – mostra come questi siano micce che scatenano delle vere e proprie crisi umanitarie. È fondamentale che gli Stati escano dalla loro bolla di egoismo e che cooperino in nome del diritto alla vita di tutti, anziché minarlo.