Una scuola da rifare
Una scuola da rifare

Una scuola da rifare

Una scuola da rifare

di Nicolò Morocutti

“La vostra normalità ci sta stretta, mobilitiamoci” si legge sugli striscioni che sfilano per le città di tutta Italia, dove gli studenti e le studentesse da settimane ormai manifestano senza tregua. Nel mirino delle proteste il ritorno alla maturità pre-covid con la seconda prova e il sistema di alternanza scuola-lavoro, il cui dibattito è stato infiammato dalle tragiche morti degli studenti Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci mentre svolgevano degli stage. Fino ad oggi le risposte del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, sono state deludenti e disinteressate: a detta degli studenti presenti della delegazione che l’ha incontrato a metà febbraio, dal confronto è emersa la totale indisponibilità da parte delle istituzioni a fare un passo indietro. I problemi strutturali del sistema di istruzione nel frattempo continuano e nessuno sembra muoversi a riguardo, se non chi ne è direttamente vittima. 

Foto di Benedetta Colantoni

Una seconda prova a sorpresa

Uno dei primi elementi di conflitto è senza dubbio la decisione del Ministero improvvisa, oltre che inaspettata, di ritornare alla maturità dell’epoca pre-covid, con lo scritto di italiano e la seconda prova oltre all’orale finale. L’idea di un ritorno alla prova tradizionale dopo due anni di didattica a singhiozzo ha suscitato l’ira degli studenti, da tempo abbandonati a sé stessi nel percorso di preparazione all’Esame di Stato. 

«È cambiato il modo di fare scuola e di approcciarsi alla didattica, la maturità non può rimanere la stessa»

Rete Studenti Medi Roma Centro.

«Da tempo chiediamo di mantenere la modalità del maxi-orale e di integrare una tesina che possa tener conto più del percorso personale dello studente. Anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione si è espresso contrariamente alla proposta di Bianchi, ma evidentemente non è bastato per fermarne la scelta», spiega Valeria, coordinatrice del sindacato studentesco “Rete Studenti Medi Roma Centro”.

Il problema della seconda prova tocca in maniera trasversale studenti maturandi, e non solo, in tutta Italia. 

Il liceo Parini di Milano, insieme ad altri, ha deciso di occupare l’istituto a seguito di questa decisione. Due dei rappresentanti, Pietro e Alessandro, spiegano come l’avversione a questa scelta non riguardi solo una questione di preparazione: «i problemi sono stati la tardività con cui è stata comunicata la decisione in un periodo così delicato e il fatto che la seconda prova sia a discrezione della singola commissione: questo crea inevitabilmente delle disparità fra scuole, che alimenta un sistema di valutazione già compromesso di per sé». 

La mobilitazione in certi casi ha coinvolto i professori stessi, che riconoscono quanto sia critico ritornare ad una maturità adatta ad una didattica più completa e continua rispetto a quella attuale. 

Foto di Benedetta Colantoni

Alternanza scuola-sfruttamento

A scaldare ulteriormente gli animi si inserisce nel dibattito anche la questione alternanza scuola-lavoro, oggi “PCTO” (“Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento”), messa in discussione nelle sue forme oltre che per i suoi drammatici effetti come nel caso del giovane Lorenzo Parelli.  Sotto accusa un sistema dal discutibile intento di avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, che negli anni ha mostrato non poche criticità: 

«il primo punto è concettuale: la scuola dell’obbligo intesa come anni in cui uno studente può dedicarsi solo alla formazione dell’individuo è stata una conquista. Non deve per forza diventare una responsabilizzazione pratica» spiega Niccolò, rappresentante del movimento “La Lupa” di Roma, che poi continua: «c’è anche un tema politico, dato che nella maggior parte dei casi i lavori che facciamo vanno a vantaggio dei privati e non apportano niente alla nostra formazione».

Un programma con l’obiettivo di introdurre gli studenti alla complessità del mondo del lavoro non diventa dunque uno spazio in cui i giovani possano prendere coscienza dei diritti che un giorno gli spetteranno, ma nel migliore dei casi un’occasione per svolgere delle mansioni non retribuite senza alcuno scopo di formazione. 

A volte subentrano anche delle singolarità territoriali, come spiega Giuliana, coordinatrice regionale della Rete Studenti per la Basilicata: «in un territorio come il nostro ci sono grandi aziende che lucrano in maniera poco sostenibile, e sfruttano il PCTO per fare del greenwashing promuovendo progetti nelle scuole. Per noi lavoro significa anche ecologia».

Un sistema da riformare

La madre di tutte le battaglie rimane dunque una riforma radicale del sistema scolastico, le cui criticità sono state acuite dalla pandemia. Problematiche che riguardano il sistema di valutazione, ormai ritenuto obsoleto rispetto al resto d’Europa, i tagli di fondi che riguardano l’edilizia scolastica fino al macchinoso tentativo di invadere il campo della formazione introducendo l’approccio al mondo del lavoro. 

Un sistema di cui gli studenti sono stanchi e di fronte a cui non hanno intenzione di abbassare la testa, proprio come la scuola dovrebbe insegnarli a fare.