Oltre il 1492: passato, presente e futuro del mondo indigeno
Oltre il 1492: passato, presente e futuro del mondo indigeno

Oltre il 1492: passato, presente e futuro del mondo indigeno

Oltre il 1492: passato, presente e futuro del mondo indigeno

La notte dell’11 settembre 1492, dopo essere stato più volte sull’orlo dell’ammutinamento, l’equipaggio europeo di Cristoforo Colombo giunge nei Caraibi. Dato il buio della notte, i marinai decidono di scendere a terra l’indomani, probabilmente nella speranza di incontrare una delegazione di quell’imperatore cinese descritto da Marco Polo. Questo era il mito che riempiva i cuori- e aveva svuotato le tasche- di quei pionieri dell’Atlantico: il resto, si sa, è Storia.
Sì, ma quale?

Lupi e agnelli: oltre il Paradiso Terrestre di Las Casas

La storia coloniale del Nuovo Mondo è tanto complessa e tragica quanto affascinante perché dimostra quanto il peso di quell’incontro-scontro culturale sia rilevante ancora oggi. Innumerevoli sono stati gli errori di valutazione delle dinamiche politiche e sociali, sia da parte europea che degli indigeni: bastino qui gli esempi clamorosi di del re Atzeco Montezuma per i nativi e del conquistador Pedro de Valdivia (primo europeo a scontrarsi con la nazione Mapuche nell’odierno Cile). Il primo incarna forse nel modo più efficace la difficile- e a volte ambigua- posizione degli indigeni davanti all’arrivo europeo nel continente, costantemente oscillante tra la paura della loro forza militare e la tentazione di allearsi con essi per combattere altri rivali “storici”; quest’ultima scelta fu quella che presero, ad esempio, i Tlaxcallani (abitanti della città di Tlaxcala) quando decisero di allearsi con i nuovi arrivati e prendere parte all’assedio di Tenochtitlan, ma non prima di essere stati decimati durante la prima vera battaglia in campo aperto contro gli spagnoli.

Cristoforo Colombo

Al tempo dell’arrivo spagnolo nel Sud America, anche l’Impero Inca era dilaniato da guerre intestine che ambedue le fazioni hanno tentato di sfruttare a proprio vantaggio: l’incontro tra Atahualpa e la delegazione di Pizarro non fu altro che uno scontro sotto una veste diplomatica, tant’è che l’Inca vi perdette la libertà. In una delle sue opere massime, “La scoperta dell’America, Il problema dell’altro”, T. Todorov fu uno dei primi a mettere in risalto come la narrativa del “paradiso terrestre” non fosse veritiera: fin dal diario di bordo di Colombo stesso, si nota costantemente nei primi resoconti sul nuovo mondo che gli esploratori rimangono sì esterrefatti dalla nuova natura che incontrano, ma vi è anche crescente amarezza e delusione per le scarse prove delle ricchezze descritte da Polo.

Il rapporto con i nativi rispecchia tali necessità perché le interazioni sono sempre volte ad ottenere (o estorcere) beni materiali o informazioni su come ottenerli: oro, argento, acqua dolce e cibo, fino ad arrivare a servitori, schiavi, ed autorità facilmente controllabili. Sebbene deprecabile, tale forma mentis non era estranea a molte realtà complesse del continente: anche la confederazione (o impero) atzeca si reggeva su di una fitta rete di tributi che le sue province dovevano fornirgli (difatti la sua caduta fu causata anche dall’interruzione di questa rete di rifornimenti forzosi).

Questi punti di rassomiglianza tra le due culture sono tuttavia ancora poco dibattute, continuando a prediligere la narrativa della “conquista del Paradiso”: tale visione pone sì al centro del racconto le popolazioni indigene, ma idealizzandone allo stesso tempo la natura e trasformandole secondo l’archetipo del “buon selvaggio”. Gli albori di questa visione degli eventi è legata al nome di Bartolomé de Las Casas, un frate francescano che sposò la causa indigena contro lo sfruttamento e le aggressioni dei coloni spagnoli: l’autore, nella sua opera “Breve relazione sulla distruzione delle Indie”, descrive gli indigeni come popolazioni mansuete e desiderose di ricevere la conversione per mano dei missionari. In un passo particolarmente tragico, Las Casas riporta il caso di un indigeno che, ferito a morte dopo uno scontro con gli spagnoli, sarebbe accorso da lui per chiedere di essere battezzato prima di morire dissanguato così da finire in paradiso.

Anche qualora il racconto fosse vero, è interessante osservare come l’attenzione del religioso sia concentrata sulla “conquista delle anime” degli indigeni, e solo in secondo luogo sulla loro salvezza terrena: secondo la legge spagnola dell’epoca, infatti, i sudditi cristiani spagnoli non potevano essere messi in schiavitù da altri sudditi, ma la normativa fu facilmente raggirata con l’introduzione dell’encomienda (sistema che prevedeva il lavoro gratuito e servile degli indigeni presso i possedimenti dei coloni, i quali si impegnavano a “civilizzarli” e convertirli).

Sebbene il sistema coloniale sia collassato nel XIX secolo, la “caccia alle anime” è ancora aperta nella regione.

Le vere vittorie e le vere sfide: Brasile 2021

Uno dei Paesi dove la condizione degli indigeni è più precaria è il Brasile. Lo storico assalto all’Amazzonia non è solamente un dramma ambientale ma anche umano perché mette in diretto pericolo le popolazioni che lì ancora vi vivono. Molte di queste nazioni (miglior termine di “tribù”) hanno avuto sporadici, se non nulli, contatti con il mondo circostante e perciò sono largamente vittime di raggiri e dei malanni contro i quali non hanno alcuna difesa immunitaria.

Dopo l’elezione di Jair Bolsonaro nel 2018, la spinta missionaria (soprattutto di stampo evangelico) ha subito un forte impulso: durante la campagna elettorale, il Presidente ha potuto contare sul gran numero di preferenze accordategli dalla chiesa evangelica, largamente diffusa nelle Americhe. Queste comunità religiose possono contare di solito su un forte potere economico e una celebrazione molto scenografica dei propri culti, inoltre sono spesso fonte di un certa chiusura mentale verso tutto ciò che non faccia parte della propria tradizione (non da ultimi i vaccini anti-Covid); tuttavia, sotto la nuova presidenza, il numero delle missioni si è moltiplicato e alcuni noti esponenti sono persino stati appuntati come rappresentanti di organizzazione a difesa dei nativi (come nel caso di Augusto Xavier da Silva)!

La crisi sanitaria ha ulteriormente messo in pericolo la sopravvivenza e l’indipendenza di queste nazioni dacché il governo ha fatto ben poco per arginare l’opera di proselitismo delle missioni: quando fu stabilito l’isolamento delle aree protette, ai missionari già presenti in loco fu permesso di rimanere e questo finì col creare numerose difficoltà ai nativi perché lasciò campo libero per l’azione dei missionari. L’opera di conversione non consiste solamente nell’abbracciare una nuova fede, ma significa spesso lo smembramento dei rapporti all’interno della comunità e con l’esterno, creando un canale isolato e privilegiato per poter predicare la propria dottrina; questo controllo monopolistico della vita delle comunità permette ai missionari di controllare anche le informazioni che vi possono entrare, sfruttando i nuovi canali di comunicazione come WhatsApp che non permettono di conoscere il contenuto della messaggistica. In questo modo sono state diffuse numerose notizie false intorno agli effetti nocivi del vaccino anti-COVID che hanno reso molte nazioni indigene estremamente diffidenti verso la campagna vaccinale.

Questo strapotere ha però subito un importante arresto nei primi giorni di ottobre, quando la Corte Federale brasiliana ha riconosciuto il diritto degli indigeni a vivere secondo i loro costumi tradizionali, imponendo a molte missioni evangeliche il divieto di addentrarsi nei territori protetti in cerca di anime da convertire (e/o ricchezze da espropriare). Questa decisione si pone in piena antitesi con la politica del presidente Bolsonaro, il quale ha più volto chiamato a raccolta i missionari esortandoli a continuare il “processo di inclusione” delle popolazioni amazzoniche.

Le istituzioni che si battono per la tutela dei diritti indigeni parlano di una piccola-grande vittoria perché mentre da una parte la sentenza crea un precedente importante all’interno della storia giuridica del Paese, dall’altra il suo peso specifico viene ridimensionato dalle innumerevoli contromosse che missionari e agricoltori metteranno in campo per poter raggiungere i rispettivi obiettivi, come intimidazioni, invasioni, corruzione, minacce e perfino a gesti più estremi. L’urgenza è quella di ridimensionare tale potere, riportando le organizzazioni per la difesa del mondo indigeno sotto la guida di persone competenti e appassionate. Queste sono le vere e urgenti sfide del mondo contemporaneo, questi sono i veri lasciti dell’esperienza coloniale sin dai suoi albori: l’abbattimento di una statua di Cristoforo Colombo in centro città non migliorerà automaticamente la condizione delle periferie o darà garanzie di sopravvivenza ai popoli indigeni.