La voce dei popoli nativi passa attraverso i social
La voce dei popoli nativi passa attraverso i social

La voce dei popoli nativi passa attraverso i social

La voce dei popoli nativi passa attraverso i social

Per anni, la narrazione di storia, cultura e tradizioni delle popolazioni indigene è stata portata avanti da molti studiosi, storici ed accademici ma quasi mai, in realtà, dai diretti interessati. Con l’avvento dei social network, a molte più voci è stata data importanza, o, sempre più spesso, se la sono conquistata da sé.  Questa è la storia di diversi esponenti della generazione social che ci raccontano il loro punto di vista, dando visibilità alla loro verità storica sul passato e il presente delle popolazioni indigene, in particolare di quelle originarie del continente nordamericano. 

Attraverso i social

Nello specifico, alcuni profili si sono fatti portavoce di una cultura e un popolo che per molto tempo non ha avuto riconoscimenti, fino a raggiungere migliaia, se non milioni, di follower. Una fra tutti è Shina Nova (@shinanova su Instagram), Inuk e canadese divenuta famosa per aver condiviso con il mondo una forma d’arte unica: il canto di gola inuit (o Katajjaq), un canto armonico praticato da due donne in coppia, che lei esegue con sua madre Kayuula Nova (@kayuulanov). Ma il canto è solo una piccola parte di ciò che si può trovare sul suo profilo. Shina passa infatti dal condividere indumenti e ornamenti prodotti da artisti indigeni, all’alimentazione tipica, fino alle denunce contro il trattamento riservato alla sua gente. Ciò che ci mostra può essere condivisibile o meno – la ragazza, per esempio, viene fortemente criticata nei video in cui mangia Beluga, una specie a rischio d’estinzione che fa parte, tuttavia, dell’alimentazione tradizionale inuit – ma è indubbiamente una storia sconosciuta ai più, che riesce a raggiungere ogni angolo della Terra grazie a internet. 

Per fortuna, però, Shina non è sola in questa missione. La sua connazionale ed ora amica, Michelle Chubb (@indigenous_baddie su Instagram) è altrettanto attiva sui social, e insieme rappresentano due dei profili più seguiti che diffondono la cultura indigena. Un colore domina nei loro profili: l’arancione, «per diffondere la consapevolezza sulla vergognosa storia delle scuole residenziali indiane e sull’eredità devastante che continua oggi», dalle parole dell’Oshkaatisak Council della Nishnawbe Aski Nation (NAN). La NAN è un’organizzazione che rappresenta politicamente e territorialmente 49 comunità delle Prime Nazioni in Ontario e circa 45mila persone.

Il Canada Day

Alcuni indigeni, così come Shina Nova, hanno portato avanti l’hashtag #CancelCanadaDay per promuovere l’abolizione, appunto, del Canada Day, che si celebra il 1° luglio. Il motivo è legato al fatto che, poche settimane prima della festa nazionale, sono state ritrovate centinaia di tombe anonime di bambini indigeni nei pressi delle ex Residential School. Le “scuole residenziali” erano dei collegi gestiti dalla Chiesa cattolica in Canada che accoglievano bambini indigeni sequestrati alle loro famiglie affinché questi crescessero scevri dall’influenza delle loro origini indigene. L’esistenza delle scuole residenziali è piuttosto recente, sono state infatti attive per tutto il XX secolo, dal 1863 al 1998, e si stima che, dei 150mila bambini introdotti, tra i 3200 e i 30mila siano morti. Oltre alla separazione violenta dalle proprie famiglie, tali minori erano vittime di denutrizione, sterilizzazione, abuso minorile e talvolta abuso sessuale. 

Se molti hanno quindi proposto di abrogare il Canada Day, altri hanno chiesto che quella giornata fosse considerata come un’occasione per riflettere e portare alla luce la vera storia del Canada, che include un passato molto buio. Nello statement del 1° luglio del 2021, il Primo Ministro Justin Trudeau ha infatti affermato che quello non era un giorno di festeggiamenti, e che «come canadesi dobbiamo essere onesti con noi stessi sul nostro passato», riconoscendo le atrocità e ingiustizie avvenute. Inoltre, decine di comuni hanno deciso di annullare eventi e festeggiamenti in seguito al movimento del #CancelCanadaDay.

Il costo del cibo

Le denunce però non si riguardano solo il passato. Infatti, il gap tra comunità indigene e non include un tema ancora piuttosto delicato: l’accesso al cibo. Il costo dei beni di prima necessità o di ordinario consumo, come la frutta, arrivano a costare nei negozi delle comunità indigene più del doppio della media nazionale. Shina Nova riporta alcuni prezzi nelle comunità di Nunavik e Nunavut, in cui una confezione di uva arriva a costare 28 dollari, che rappresenta un prezzo inaccessibile per molti. Il problema risiede soprattutto nella difficoltà del trasporto, essendo questi territori situati nella zona più settentrionale del Canada. È proprio allo Stato che molti, in protesta, chiedono maggiori sussidi. 

Rappresentanza degli indigeni

Ciò che è veramente importante è che tramite questo attivismo si stia costruendo una rete di rappresentanza. Quest’ultima da più potere a una minoranza che a lungo non ha avuto voce in capitolo e che tuttora è spesso in difficoltà. Un’importante svolta viene da Mary Simon, Inuk di Nunavik e leader Inuit, che dal 2021 ricopre il ruolo di Governatore generale del Canada, rappresentando la prima persona indigena ad assumere questo ruolo. Il premier Trudeau ha annunciato la nomina di Simon riprendendo la sua carriera diplomatica e specialmente di ambasciatrice, dicendo: «La sua carriera, di leadership e servizio, è sempre stata una di quelle che abbattono le barriere». Ed aggiunge: «Oggi, dopo 154 anni, il nostro Paese compie un passo storico. Non riesco a pensare a una persona migliore per questo momento».

Editing e fact checking a cura di Alice Spada