La Treccani e gli epiteti sessisti nel vocabolario
La Treccani e gli epiteti sessisti nel vocabolario

La Treccani e gli epiteti sessisti nel vocabolario

La Treccani e gli epiteti sessisti nel vocabolario

Il 14 maggio 2021 l’Enciclopedia italiana Treccani elimina i termini dispregiativi riferiti al lemma “donna”, tra cui “cagna”, “zoccola”, “puttana”, “serva” e altri epiteti quali “falena”, “mondana”, “passeggiatrice”. Insomma, tutti eufemismi (esattamente 35) legati al lessico sessista quando ci si riferisce alle donne.

Le parole in questione non sono sparite in seguito ad una cancellazione miracolosa, infatti «non è stata una decisione improvvisa: fin dalle origini la Treccani si è rinnovata in base ai cambiamenti del costume e della società. I dizionari devono testimoniare l’uso scritto e parlato, buono e cattivo, rispettoso e volgare, naturalmente avvertendo quando si tratta di usi offensivi». Queste le parole di Valeria Della Valle, direttrice del vocabolario Treccani e tra le promotrici di questa iniziativa. Ma questo è solo l’inizio: sono infatti previsti degli aggiornamenti che riguardano la revisione dello stesso termine “donna”, la quale «richiederà più tempo perché il lavoro di un dizionario è simile a quello del sarto. La voce “donna”- spiega Della Valle- che contempla già espressioni relative ai diritti, all’emancipazione e ai movimenti di liberazione delle donne, ha bisogno di ritocchi che aggiungeranno frasi relative al loro ruolo professionale».

Lettera alla Treccani

Il 5 marzo 2021, prima dell’intervento di eliminazione, cento persone avevano indirizzato una lettera aperta all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, chiedendo espressamente la cancellazione dei sinonimi offensivi, sessisti e discriminatori e sottolineando che «i vocabolari, i dizionari dei sinonimi e contrari, le enciclopedie sono strumenti educativi di riferimento e la Treccani, in quanto tale, è consultata nelle scuole, nelle biblioteche e nelle case di tutti noi. Ed è anche una fonte linguistica italiana tra le più visibili», concludendo poi che «ciò non porrà fine al sessismo quotidiano, ma potrebbe contribuire a una corretta descrizione e visione della donna e del suo ruolo nella società di oggi». Tra i firmatari della lettera figurano personalità importanti che da anni si battono per i diritti delle donne e per la parità di genere tra cui Michela Murgia, Laura Boldrini, Imma Battaglia e Maria Beatrice Giovanardi, l’italiana che guidò e vinse la battaglia contro l’Oxford Dictionary per eliminare le definizioni sessiste dal termine “woman”. Nella missiva si paragonano i sinonimi ancora presenti del lemma “donna” e quelli del lemma “uomo”: è inutile portare alla luce il fatto che per quest’ultimo non esiste nessun tipo di elemento dispregiativo associato, infatti non ritroviamo parole come “orco” o “gigolò” ma “uomo d’affari” o “uomo d’ingegno”.

Le parole che fanno giustizia

Ovvio che i cambiamenti sociali e culturali richiedano tempo e innumerevoli sforzi, soprattutto quando l’ostacolo da sormontare è fortemente radicato. Con i cambiamenti linguistici lo sforzo è triplo: nell’ultimo anno Michela Murgia, scrittrice, attivista, femminista e intellettuale, ha pubblicato il suo libro “Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo più sentire”, una rappresentazione ben articolata di tutto ciò che riguarda il linguaggio sessista. Un testo, come sottolineato dalla scrittrice, che può aiutare tuttə, soprattutto gli uomini, a confrontarsi con delle realtà considerate da sempre scontate ma che scontate non sono affatto: l’articolo determinativo davanti al cognome delle donne di potere oppure luoghi comuni (errati) del tipo “le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne” o la narrazione del “brava e pure mamma”. In conclusione, abbracciando le parole di Murgia: « il solo modo per riconoscere le parole giuste è guardare se fanno giustizia» sperando di leggere d’ora in poi nei vocabolari soltanto parole che la facciano davvero.