I crediti di carbonio: la linfa verde dei mercati europei
I crediti di carbonio: la linfa verde dei mercati europei

I crediti di carbonio: la linfa verde dei mercati europei

I crediti di carbonio: la linfa verde dei mercati europei

Tutti sanno che in occasione della settimana della terra la maggior parte delle imprese si tinge di verde, risvegliando la passione per la sostenibilità in letargo fino ad allora. La maggior parte dei brand sferra senza pietà alcuna politiche e campagne pubblicitarie preparate e messe da parte per la settimana verde, che culmina il 22 di aprile in occasione dell’Earth Day. Una retorica che ormai non si può più considerare innovativa. Non tutti sanno che, però, nelle vene dell’economia di ogni giorno scorre in realtà sangue verde. Nei mercati finanziari, infatti, emissioni verdi si muovono quasi totalmente inaudibili alle orecchie dei meno avvezzi alla materia.  

Nei mercati del carbonio esistono due diverse categorie di crediti scambiati: gli emission permits e i carbon offsets. Avendo già affrontato il tema del carbon offsetting, oggi dedichiamo la nostra attenzione a un tipo di mercato particolare, creato ad hoc per regolare la quantità di anidride carbonica presente nella nostra atmosfera. Sulla base delle decisioni prese con i Protocollo di Kyoto, i Paesi aderenti impongono un tetto sulle emissioni delle proprie industrie più inquinanti distribuendo un numero limitato di permessi di emissione. Fondamentalmente, la singola impresa che supera il suo limite massimo di emissioni, può scegliere di ridurre la sua impronta carbonica oppure di acquistare ulteriori permessi da altre imprese più virtuose (rimaste quindi al di sotto del loro limite). È così che è possibile sommariamente sintetizzare il carbon trading.

Il Sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra dell’UE, chiamato European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS), è una delle principali misure utilizzate per ridurre le emissioni di CO2 nei settori industriali a maggior impatto ambientale, nonché uno dei principali strumenti su cui si fonda la politica dell’UE per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

I crediti di carbonio nel mercato regolamentato europeo 

Normativamente tutta ha inizio con la Direttiva 2003/87/CE,  che a partire dal 2005 prevede che le imprese più inquinanti del territorio europeo non possano funzionare senza un’autorizzazione per le emissioni di gas serra. Il mercato EU ETS basa il suo funzionamento sul principio del Cap and Trade, questo significa che viene fissato un cap (tetto o limite) che stabilisce la quantità massima che può essere emessa. Le imprese possono muoversi liberamente entro questo limite, quindi acquistare o vendere quote sempre e comunque entro il tetto massimo stabilito. Ogni impianto autorizzato deve compensare annualmente le proprie emissioni con quote che possono essere comprate e vendute dai singoli operatori interessati. Le quote prendono il nome di European Union Allowances (EUA) e sono equivalenti a 1 tonnellata di CO2. Tali quote rappresentano l’unità di scambio del mercato EU ETS. Le EUA possono essere acquistate nell’ambito di aste pubbliche europee, gli operatori possono riceverle a titolo gratuito o, ulteriormente, è possibile approvvigionarsene direttamente sul mercato. La direttiva stabilisce due diverse tipologie di assegnazione: 

  • Assegnazione a titolo oneroso: riguarda tutti gli impianti di produzione di energia elettrica e gli impianti che svolgono attività di cattura, trasporto e stoccaggio del carbonio (CCS) che, infatti, devono approvvigionarsi all’asta di quote per l’intero del proprio fabbisogno;

  • Assegnazione a titolo gratuito: gli impianti afferenti i settori manifatturieri hanno diritto all’assegnazione a titolo gratuito, sulla base del loro livello di attività e di standard di riferimento (benchmark) elaborati dalla Commissione europea e validi a livello europeo.

Questo sistema di scambio, a partire dalla sua creazione, ha subito diverse evoluzioni e cambiamenti, tanto che si è arrivati a suddividere distinti periodi di trading, noti ufficialmente come fasi EU ETS.

  • 2005-2012: in una prima e seconda fase, il mercato era caratterizzato da limiti nazionali alle emissioni, periodi di trading di 3 e 5 anni, le allocazioni a titolo gratuito erano basate sulle emissioni a livello di impianto di produzione e comprendevano anche i produttori di energia elettrica;

  • 2013-2020: in una terza fase, il limite alle emissioni diventa unico per l’intero mercato europeo, il periodo di trading viene esteso a 8 anni, le allocazioni a titolo gratuito non sono più basate sulle emissioni, bensì su benchmark prestabiliti a livello europeo, i produttori di energia elettrica vengono esclusi dalle allocazioni a titolo gratuito ed infine viene integrata una variazione del quantitativo da allocare a titolo gratuito a seguito di un calo della produzione di oltre il 50%;

  • 2021-2030: in una quarta e attuale fase, viene stabilito un unico limite europeo decrescente del 2,2% annuo, il periodo di trading viene ulteriormente esteso a 10 anni con due diversi periodi di allocazione (rispettivamente 2021-2025 e 2026-2030), le allocazioni a titolo gratuito rimangono basate su benchmark prestabiliti a livello europeo, rimangono esclusi dall’allocazione a titolo gratuito i produttori di energia elettrica ad eccezione degli Stati Membri (per incentivare la modernizzazione del settore elettrico), le variazioni del quantitativo da allocare nel titolo gratuito diventano più dinamiche poiché si basano su un calo della produzione del 15% ca. 

EU ETS: produzione e settori interessati

Questo mercato è il primo nonché più grande sistema internazionale per lo scambio di quote di emissione al mondo. Attualmente è attivo in 31 Paesi e regola le emissioni prodotte da oltre 11.000 impianti, coprendo circa il 40% delle emissioni prodotte in UE. Tantissimi sono i settori coinvolti, in particolar modo, la normativa evidenzia e definisce le emissioni coinvolte negli scambi: 

  • CO2: l’anidride carbonica che deriva dalla produzione di energia elettrica e calore, da settori industriali ad alta intensità energetica come quello petrolifero e metallurgico, nonché ceramico e dell’aviazione;

  • NO2: l’ossido di azoto derivante dalla produzione di acidi come quello nitrico e glissilico; 

  • PFC: i perfluorocarburi derivanti dalla produzione di alluminio.

La partecipazione all’EU ETS è obbligatoria per le imprese che operano nei settori sopra descritti e, stando così le cose, sembrerebbe che il mercato EU ETS coinvolga una importante fetta dell’economia quantomeno europea. A primo impatto, sembrerebbe che questo sistema di emissioni consenta di tenere monitorato uno dei punti più nevralgici della questione ambientale. Tuttavia, è bene ricordare che in alcuni dei settori descritti sono inclusi soltanto gli impianti al di sopra di una certa dimensione e, ulteriormente, impianti di più piccole dimensioni possono essere addirittura esclusi, qualora le amministrazioni mettano in atto misure fiscali o di altro genere che ne riducano le emissioni di un quantitativo equivalente. 

È forse ancora troppo presto per affermare che si è trovata una soluzione pressoché stabile alla questione, sia in termini normativi che in termini meramente economici; tuttavia, un simile sistema può essere un’intelligente e coscienziosa base per un’economia dei mercati che sia sostenibile.