Etica politica cercasi
Etica politica cercasi

Etica politica cercasi

Etica politica cercasi

Affrontare una tematica simile sarebbe come combattere contro i celebri mulini a vento indossando, idealmente, i panni di Don Chisciotte, mentre si cerca di individuare nelle dinamiche politiche attuali un elemento che sembra aver perso valore ed importanza. In particolar modo in un contesto in cui sono quasi sempre presenti meri calcoli politici e logiche personalistiche. Senza lasciare intendere che questo rappresenta un problema esclusivamente attuale e che appartiene solo alla nostra epoca: la storia insegna che l’etica, nella politica di regno, ha sempre giocato un ruolo marginale.

Basti pensare al pensiero di Machiavelli (uno dei tanti in realtà) che asseriva che un re deve prima di tutto essere temuto dai propri sudditi, per poter comandare nel pieno della sua efficacia. I modi perché ciò avvenga lasciano poco spazio all’etica.  

I tempi cambiano e il timore lascia spazio (deve lasciar spazio) al consenso, necessario per garantirsi voti ed elezioni. Un consenso che deve anche essere mantenuto. E i metodi per farlo non sempre ricadono nel contesto dell’etica. Possiamo prendere come esempio l’ascesa della Lega da quando Matteo Salvini ne è divenuto segretario nel 2014, o di Fratelli d’Italia, con a capo la deputata Giorgia Meloni.

Entrambi i partiti (o per meglio dire i loro leader) hanno ottenuto negli anni un continuo crescendo di popolarità e seguito tra gli elettori, attraverso strategie uguali nella sostanza e nella metodologia, incentrate nell’attaccare avversari politici e accrescere rabbia, divisione e odio tra la popolazione. Riportare in modo sistemico notizie o problemi, non sempre correttamente, per inserirsi nel dibattito pubblico e farsi promotori per “risolvere” le emergenze del Paese.

La maggior parte dei loro temi sono gli stessi da sempre: individuare un pericolo nei flussi migratori e accusare di incapacità nell’affrontarle chi governa (poco importa poi delle persone in pericolo). Altro tema ricorrente sono le ingerenze dell’Unione europea nei confronti della sovranità italiana, oppure, di recente, la difesa e tolleranza verso la frangia del Paese contrarie al vaccino e alle misure di contenimento adottate: una parte di Paese per cui violenze e fake news sono all’ordine del giorno.

Da un punto di vista della crescita le strategie adottate hanno portato risultati evidenti, permettendo alla Lega di passare dal 4% delle politiche del 2013, a oltre il 17% in quelle del 2018. Fratelli d’Italia, secondo i sondaggi, risulta avere oggi un gradimento di circa il 20% delle preferenze: un incremento esponenziale rispetto al 4,30% ottenuto alle elezioni del 2018.

Per raggiungere tali risultati sono stati lasciati da parte, il più delle volte, la maggior parte dei valori etici (e anche delle virtù civili), che chi fa politica dovrebbe seguire e rispettare, preferendo metodi e strategie comunicative che poco hanno a che fare con la politica intesa nel suo significato di servizio per il Paese. Sono estranei anche, e soprattutto, al rispetto verso la parte di società che non rientra nei loro bacini di elettori. 

Basti pensare alla questione del DdL Zan, lasciato fallire a vantaggio politico ed elettorale, a discapito delle persone che vedevano del decreto uno strumento per la salvaguardia i propri diritti fondamentali. Voti a scapito di persone: dov’è l’etica?

Un altro attore che potremmo includere tra quelli con un’accezione molto elastica dell’etica, è il Movimento 5 Stelle (o almeno prima della loro svolta governista del 2018). Fin dai suoi albori il Movimento ha operato in un ambito ben definito, dove il populismo nazionale è presente in maniera chiara con continui attacchi ai propri avversari, individuati nelle cosiddette “caste” (che siano imprenditori, giornalisti o politici).

Etica politica: la parabola renziana

L’ultimo episodio, in ordine cronologico, a vedere come non protagonista l’etica politica è la faccenda dell’inchiesta Open, fondazione che fa capo al senatore e leader di Italia Viva Matteo Renzi. La Procura di Firenze ha aperto un fascicolo al riguardo.
Detta fondazione avrebbe avuto il ruolo di canale di finanziamento privato a beneficio dell’allora Presidente del Consiglio. Tutto lecito, anche se discutibile da un punto di vista di conflitto di interessi: ciò che la Procura contesta sono i mancati requisiti di trasparenza e tracciabilità che tali operazioni richiedono. A rendere la faccenda ancora più delicata è il fatto che la fondazione fosse vista, all’epoca dei fatti, come un’articolazione del Partito Democratico, quindi ancora più vincolata a quei requisiti. 

Col tempo se ne saprà di più.

Un’altra questione delicata dal punto di vista etico inerente al senatore di Rignano riguarda le sue “trasferte” di lavoro in Arabia Saudita: sono ormai ben note le attività secondarie di Matteo Renzi (anche se sembrerebbe abbiano scavalcato i suoi impegni istituzionali, nella sua agenda), come consulente del principe ereditiero Mohammad Bin Salman. Renzi ha persino disertato il voto per il DdL Zan in Senato lo scorso 27 ottobre per volare in Arabia per l’ennesima consulenza. Un’attività che il regolamento del Senato non vieta (al contrario della Camera dei Deputati), ma che lascia quantomeno perplessi sulla questione morale ed etica nel prestare i propri servizi ad un regime dove la democrazia non esiste e i diritti delle donne sono calpestati o assenti. Renzi definì l’Arabia come la culla di un “Nuovo Rinascimento”: non ce ne vorrà se fatichiamo a capire il senso della sua affermazione. 

Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali