La crisi in Kazakistan ci ricorda l’importanza delle rinnovabili
La crisi in Kazakistan ci ricorda l’importanza delle rinnovabili

La crisi in Kazakistan ci ricorda l’importanza delle rinnovabili

La crisi in Kazakistan ci ricorda l’importanza delle rinnovabili

Il 2022 è iniziato con proteste e disordini in Kazakistan, provocate da un consistente aumento del costo del carburante. L’Italia negli anni ha mantenuto una fitta rete di relazioni bilaterali con il Paese centro-asiatico, in quanto il nostro è ancora uno Stato dipendente dal Kazakistan come da tanti altri Stati esportatori per quanto riguarda l’energia ricavata da combustibili fossili. In tal senso, la crisi kazaka ribadisce quanto sia fondamentale investire sulle energie rinnovabili, poiché diversificare le importazioni non è più sufficiente.

Cosa è successo in Kazakistan?

Nei primissimi giorni di gennaio 2022 le principali città kazake sono state travolte da proteste in piazza causate in un primo momento da esigenze economiche -l’aumento del prezzo del GPL, a seguito di una riforma del suo mercato interno- poi sviluppatesi intorno alla messa in discussione dell’attuale governo, del tutto legato al regime di Nursultan Nazarbayev, oggi uomo-ombra del potere kazako. Le rivendicazioni riguardano infatti una serie di limitazioni ai cittadini, ereditate dai tempi dell’influenza sovietica: la stretta sull’informazione, il rigoroso controllo sulle organizzazioni per i diritti umani, l’impossibilità di fare opposizione ed infine le consultazioni elettorali ridotte

Nur-Sultan, capitale del Kazakistan

Per porre fine ai disordini, il presidente Qasym-Jomart Tokayev ha chiesto un intervento dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), un’alleanza militare formata da sei ex repubbliche sovietiche e guidata dalla Federazione Russa. L’articolo 4 del trattato prevede, secondo un’interpretazione estremamente ampia, che in caso di aggressione considerata “esterna” alle forze di potere, il Cremlino e i suoi alleati possano intervenire militarmente a difesa dei Paesi membri. In questo caso, una violenta repressione ha ristabilito l’ordine in Kazakistan, provocando morti e feriti. La situazione interna, benché in fase di aggiustamento per ciò che è emerso dalle proteste, si è stabilizzata, e i rapporti con l’estero sono continuati.

I sei membri del CSTO (da sinistra verso destra): Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan

Le relazioni con l’Italia

Il Kazakistan è un Paese di riferimento per la stabilità dell’Asia centrale, oltre che un importante partner commerciale italiano

Manlio di Stefano, sottosegretario agli Esteri

Il Kazakistan è un crocevia regionale dell’energia: ha una discreta ricchezza in termini di risorse energetiche (petrolio e gas) che vengono poi trasportate in Europa, Cina e Russia. Questa sua importanza a livello energetico ha portato il Paese ad ospitare le più grandi multinazionali del petrolio, tra cui la nostra Eni, operante nel territorio kazako dal 1992. Le relazioni commerciali tra Italia e Kazakistan hanno visto una diminuzione importante con lo scoppio della pandemia, e tuttora faticano a riprendersi. Al contrario, invece, le importazioni di energia sono tornate in poco tempo ai livelli del 2019.

In particolare, proprio in questi ultimi anni la collaborazione con Eni si è trasformata e comprende, oltre alla produzione e il trasporto di fonti energetiche come gas e petrolio, anche investimenti alternativi. Nel 2020 il colosso energetico ha lanciato un progetto sulle energie rinnovabili avviando il parco eolico Badamsha, che ha prodotto elettricità per 195 GWh con un risparmio di 172mila tonnellate di CO2. Attualmente è in costruzione anche la seconda unità. Sempre Eni ha avviato i lavori per un impianto fotovoltaico e ha firmato accordi per progetti su idrogeno e biocarburanti.

La transizione necessaria alle rinnovabili

ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente) definisce la dipendenza energetica come un indicatore che rappresenta la necessità di ricorrere alle importazioni per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Mentre la sicurezza energetica è un concetto che riflette la necessità di continuità nei rifornimenti energetici a prezzi sostenibili. Il fatto che l’Italia sia ancora fortemente dipendente dagli altri Paesi per quanto riguarda le fonti energetiche rende la sicurezza energetica del nostro Paese a rischio.

Per avere la disponibilità di energia elettrica in maniera stabile, l’Italia ha imparato a diversificare le importazioni e quindi ad accordarsi con numerosi Paesi, di solito situati geograficamente in Medio Oriente e Nord Africa, che però mostrano poca stabilità geopolitica. Inoltre, l’attuale rincaro dei prezzi delle bollette europee indica che la ricerca di una soluzione alternativa e decisamente più conveniente ai combustibili fossili sia una strada da percorrere obbligatoriamente. 

L’amministratore Delegato di ENEL (Ente Nazionale per l’Energia Elettrica) Francesco Starace è convinto della necessità delle fonti rinnovabili. Il progetto dell’azienda è di eliminare l’uso del carbone ed arrivare ad avere sul mercato solo energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2040, con 10 anni di vantaggio rispetto agli obiettivi UE. La scelta deriva da una serie di vantaggi: le energie rinnovabili aiutano a ridurre i costi di produzione, diminuiscono sensibilmente le emissioni di CO2 e costituiscono una soluzione alla volatilità dei prezzi derivanti da questioni interne ad altri Paesi, come appunto quella kazaka. 

L’indipendenza energetica derivante dai nuovi investimenti sulle rinnovabili potrebbe rendere l’Italia un paese sicuro, sia in termini di disponibilità delle risorse che dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Tuttavia, perché venga velocizzato il processo di transizione, è necessario un forte bisogno di interventi statali, che, al momento, risultano mancanti. 

Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali