Il judo a Tokyo 2020: tra sport e politica
Il judo a Tokyo 2020: tra sport e politica

Il judo a Tokyo 2020: tra sport e politica

Il judo a Tokyo 2020: tra sport e politica

Siamo da poco entrati nella seconda fase delle Olimpiadi, ma non è una novità che ci siano già delle notizie extra-sportive di cui parlare. In un evento di questa portata, in cui si affrontano tutte le nazioni del mondo (salvo piccole eccezioni, come la Corea del Nord), il confine tra lo sport puro e la politica è sempre piuttosto labile. In questa edizione ce ne dà conferma, in particolare, l’atleta algerino Fethi Nourine, ritiratosi ancor prima di gareggiare nel primo turno della categoria 73kg di judo, a causa di un sorteggio “sfortunato”. Infatti, l’atleta, se avesse superato il primo turno contro il rappresentante sudanese Mohamed Abdalrasool, si sarebbe dovuto scontrare con il ventisettenne israeliano Tohar Butbul.

La scelta è stata successivamente sostenuta anche dal suo allenatore, Amar Ben Yaklif che ai microfoni dei giornali algerini ha dichiarato «Siamo stati sfortunati con il sorteggio. Abbiamo avuto un avversario israeliano ed è per questo che ci siamo dovuti ritirare. Abbiamo fatto la scelta giusta». Il motivo sarebbe quindi giustificato dal sostegno alla causa palestinese, da parte dell’atleta (e dal suo staff).

L’evoluzione

Successivamente però, anche il sudanese Mohamed Abdalrasool, passato di diritto al secondo turno, si è ritirato prima di scendere sul tatami contro Butbul. Mentre la causa del suo ritiro resta ufficialmente un mistero (anche se non è difficile ipotizzarla), la ragione esplicitata da Nourine gli è costata un’espulsione immediata dai Giochi Olimpici e la sospensione da parte del IJF (International Judo Federation). Inoltre, Nourine e il suo allenatore sono stati rimandati in patria, s seguito del ritiro dei due accrediti.

Nonostante Butbul sia stato poi battuto in campo dall’atleta di origine sudcoreana An Chang-rim – finito sul terzo scalino del podio – la questione non è conclusa. Il CIO (Comitato olimpico internazionale) ha manifestato, infatti, la preoccupazione che problemi del genere possano ripetersi ai danni di altri atleti rappresentanti di Israele. Per questo motivo ha inoltre minacciato seri provvedimenti in caso di «flagrante abuso della Carta Olimpica».

I precedenti

La situazione che si è venuta a creare in queste olimpiadi non è, tuttavia, una novità assoluta. Infatti, lo stesso Nourine si era già ritirato nel 2019 dai Campionati del mondo di judo per non dover affrontare Butbul. Ma volendo indietreggiare ancora, anche alle Olimpiadi di Rio del 2016 possiamo ricordare un episodio del genere: il judoka egiziano Islam El Shehaby, dopo un combattimento, si rifiutò di stringere la mano all’atleta di origine israeliana Or Sasson.

Il boicottaggio

Quello a cui ci troviamo di fronte non è, però, la semplice iniziativa di singoli atleti. In passato, infatti, la Federazione iraniana di judo è stata condannata ad una sospensione di quattro anni, quando, nel 2013, si diffuse la notizia che gli atleti iraniani fossero obbligati a rifiutarsi di combattere contro atleti israeliani, attraverso un documentario pubblicato da Al Jazeera.

Lo scandalo non si è fermato lì: nel 2019, ai Mondiali di Tokyo 2019, l’iraniano Saeid Mollaei dichiarò di aver abbandonato la squadra perché obbligato a perdere i match o a ritirarsi contro Israele. La storia di Mollaei ha, però, un lieto fine: l’atleta partecipa oggi nel team olimpico della Mongolia, al quale ha fatto guadagnare un argento della categoria 81kg nella finale del 27 luglio scorso. Saied, nonostante la situazione drammatica di cui è stato ed è ancora protagonista e l’impossibilità di vedere la sua famiglia (essendo fuggito dall’Iran), si dichiara contento di poter essere “solo un atleta”.

Saeid Mollaei è però un caso isolato. «Abbiamo lavorato duramente per qualificarci per i Giochi, ma la causa palestinese è più grande di tutto questo». Queste le parole estratte da un’ulteriore dichiarazione di Nourine alla tv algerina, dalla posizione completamente diversa, simbolo del fatto che, finché esisterà una questione politica, non verrà meno la presa di posizione di molti atleti anche in ambito sportivo.

Il vero spirito olimpico

Per fortuna ad invertire questa tendenza, che sembrava essersi imposta nelle competizioni di Judo di questi Giochi di Tokyo, ci hanno pensato due atlete della categoria femminile dei 73 kg. Raz Hershko (israeliana) e Tahani Alqahtani (saudita), alla fine dell’incontro valido per accedere agli ottavi, hanno mostrato al mondo il vero spirito olimpico, abbracciandosi e regalando a tutti un’immagine, forse storica, di pace, rispetto e amicizia nel segno dei valori dello sport. L’incontro si è svolto regolarmente e ha visto imporsi Hershko per 11-0.

«Il match tra Tahani Alqahtani e Raz Hershko- si legge nel comunicato della Federazione Internazionale di Judo- rappresenta un notevole passo avanti nel segno del rispetto e dell’amicizia dimostrando come lo sport possa andare oltre ogni influenza politica o estranea ai valori olimpici».