Endometriosi: l’importanza della condivisione
A cura di Marianna Giuliano
Nessuna donna dimenticherà mai la prima mestruazione. Chi troppo piccola per capire cosa stesse succedendo al proprio corpo – “forse sto male? Aiutami mamma!” – e chi invece già abbastanza grande da pensare: “ecco, adesso sono come tutte le mie amiche”. Assorbenti nascosti nelle tasche dei jeans, dentro una pochette in borsa, tra i vestiti da portare in bagno, quasi come fosse una vergogna dire: “HO LE MESTRUAZIONI”. Infatti le abbiamo chiamate le mie cose. Cosa fossero, poi, non si sapeva. Così come non sapevamo che soffrire terribilmente durante quei giorni – prima e anche dopo – che sembravano infiniti non era assolutamente normale.
Allora ci hanno detto di stare tranquille, che il dolore è normale, che tutte le donne soffrono durante le loro cose. Però, come ci fa sapere anche il Ministero della Salute, sono almeno 3 milioni le donne affette da endometriosi, una malattia invalidante che causa dolore cronico, persistente, non solo durante il periodo mestruale, ma che proprio in quei giorni aumenta drasticamente rendendo ogni cosa – anche la più semplice – un’impresa difficilissima. Ecco quindi un campanello d’allarme per tutte noi.
Per la Giornata Mondiale della Salute abbiamo voluto dare voce a chi è affetta da endometriosi per farci raccontare la sua storia e diffondere il verbo: il dolore non è normale. Per dare visibilità a questa malattia di cui ancora poco si sa, ma che per fortuna è sempre più discussa, abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchere con Ilenia, @endometriosi_infopoint su Instagram.
Ilenia ha scoperto di avere l’endometriosi il 5 dicembre 2021, ma tutto è iniziato molto tempo prima
«Conducevo una vita meravigliosa, godevo di ottima salute e mi allenavo quasi ogni giorno. Ad un certo punto, però, ho iniziato a rendermi conto che il mio corpo stava cambiando, infatti non riuscivo più a sostenere il ritmo degli allenamenti. Ho subito pensato fosse un po’ di stress, magari causato dalla pandemia in corso. Una mattina mi sono svegliata afflitta da un forte dolore al fianco che ho associato, date le esperienze passate, alla colite. Era marzo 2021 e da quel momento la mia vita è stata rivoluzionata dalle numerose visite specialistiche ed esami medici».
Si cercava di capire il motivo alla base del dolore di Ilenia, ma nessuno sembrava esserne capace. Nessuno, tranne una dottoressa che, in seguito ad un esame, ha osato nominare l’endometriosi.
«La prima reazione dopo aver avuto una diagnosi certa è stata certamente la più forte: un pianto isterico, disperato, perché un po’ forse me lo sentivo di avere l’endometriosi. Durante una visita ginecologica nel mese di settembre, la dottoressa che mi visitò disse di vedere delle cicatrici riconducibili all’endometriosi e poi la fatidica domanda: “nessuno glielo ha mai detto?”. Nessuno mi aveva avvisata. Per questo, impaurita ma anche incuriosita, sono tornata a casa e ho subito cercato informazioni sull’endometriosi».
Molte persone ancora oggi non conoscono l’endometriosi
«Mi era capitato di leggere qualcosa sull’endometriosi nel profilo Instagram di un’amica, ma non avevo mai dato molta importanza. Quando però ho scoperto di soffrirne anche io, la sua testimonianza è stata per me vitale. Anche un semplice confronto mi ha aiutato a capire cosa stesse succedendo al mio corpo. È anche per questo che ho scelto di aprire l’account Instagram @endometriosi_infopoint, per informarmi e allo stesso tempo informare. Sono convinta che la condivisione sia fondamentale, per questo uno dei primi post che ho pubblicato diceva proprio “Condividere arricchisce entrambe le parti”. Raccontare l’endometriosi su Instagram è sicuramente un modo più facile e veloce per arrivare alle giovani generazioni e per evitare che vivano nell’ignoranza. Osservare quotidianamente la vita di una persona con l’endometriosi non può sicuramente sostituire la lettura di un articolo scientifico, ma a 13 anni la maggior parte delle ragazze trovano molto più interessante questo racconto. É infatti un tipo di comunicazione efficace».
Instagram si fa portavoce di una malattia che non ha avuto spazio tra i banchi di scuola
Nelle scuole, infatti, non si parla di endometriosi. Conoscere però le cause e le conseguenze di questa malattia potrebbe aiutare le donne che ne soffrono a vivere diversamente la loro vita, e, soprattutto, potrebbe evitare il ritardo diagnostico. Sono innumerevoli le donne, e tra queste anche Ilenia, che hanno scoperto molto tardi di avere l’endometriosi.
«Se avessi scoperto la diagnosi già durante i primi anni della mia adolescenza, sicuramente sarebbe stato più facile trattare la malattia allo stato iniziale. L’endometriosi è una malattia difficile da diagnosticare se non attraverso specifici esami».
L’endometriosi è una malattia che affligge l’intero status della persona: fisico e mentale
«Questa malattia è la causa di molti disagi nella mia vita. Non esiste qualcosa che davvero ha un peso minore, perché è tutto sullo stesso piano. Se, però, dovessi pensare al disagio più grande in quest’ultimo periodo direi sicuramente le disfunzioni a livello dei genitali. Sono al quarto mese di terapia ormonale e sono in amenorrea, cioè non ho più il ciclo mestruale. A ventisei anni si è in un’età biologica in cui fisicamente si è pronti per mettere al mondo dei figli, io invece non lo sono. Non solo, l’endometriosi condiziona fortemente anche le mie relazioni sentimentali, e di conseguenza i rapporti sessuali. Mi precludo la possibilità di avere dei rapporti sessuali perché non credo che tutti siano pronti a convivere con questa parte di me».
Il Ministero della Salute ha riconosciuto l’endometriosi come una malattia invalidante, ma soltanto se al terzo o al quarto stadio e in seguito ad un intervento chirurgico. Questo non aiuta di certo tutte quelle donne che, pur essendo al primo o al secondo stadio ed essendosi sottoposte ad interventi chirurgici, non possono godere dell’esenzione per visite mediche e l’acquisto di medicinali. Ilenia fa parte di questo gruppo, e al mese spende tra i 50 e i 70euro.
«Non si tratta soltanto di acquistare la pillola per la terapia ormonale, ma l’endometriosi causa tanti altri problemi come fosse una reazione a catena, quindi è necessario prendere integratori e altri medicinali che non rientrano in nessun caso nell’esenzione. Inoltre, il terzo o quarto stadio servono a determinare l’estensione della malattia, ma i sintomi e il dolore vanno a prescindere da questa: ci sono donne all’ultimo stadio che fortunatamente sono asintomatiche, e altre al primo che provano dolori lancinanti».
Molte donne sono costrette a lasciare il proprio lavoro perché incapaci fisicamente di proseguire le attività normalmente. Il Ministero della Salute non riconosce queste donne all’interno della categoria dei lavoratori fragili, né dà loro il diritto di lavorare in smart working (una pratica che durante la pandemia ha davvero rivoluzionato il mondo del lavoro mostrando che, per certi impieghi, è assolutamente irrilevante svolgere l’attività in ufficio o a casa).
Informazione e comunicazione per non essere da sole
Per tutte le donne che soffrono di endometriosi: continuate a lottare e fate sentire la vostra voce, diffondete le informazioni, comunicate con le più giovani e non abbiate paura perché non sarete mai da sole. Lo Stato potrà pure non riconoscere la gravità dell’endometriosi, ma si dice che l’unione faccia la forza, per questo ne continueremo a parlare finché tutti conosceranno le vostre storie.
Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali