Eco-ansia: gli effetti del climate change sulla salute mentale
Eco-ansia: gli effetti del climate change sulla salute mentale

Eco-ansia: gli effetti del climate change sulla salute mentale

Eco-ansia: gli effetti del climate change sulla salute mentale

Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono diventati sempre più di ampia portata: fenomeni come gli incendi in Amazzonia del 2019, quelli in Australia del 2020 e le ondate di calore record registrate in Nord America nei giorni scorsi ne sono solo un macro-esempio. Inevitabilmente, assistere a questi disastri ambientali rapidi e irrevocabili impatta il benessere psicologico della persona, fino ad arrivare al cosiddetto fenomeno dell’ansia climatica, o eco-ansia.

Diverse ricerche hanno classificato l’impatto del cambiamento climatico in diverse categorie: effetti psicosociali, quali perdita di tradizioni, pratiche culturali e identitarie; effetti diretti, ossia quelli direttamente collegati alle conseguenze di eventi climatici estremi quali uragani, alluvioni, incendi e siccità prolungate; ed effetti indiretti, in cui rientra il fenomeno dell’eco-ansia e la paura del futuro legato all’ambiente (Doherty 2015, Clayton et al. 2017, Berry et al. 2018).

L’eco-ansia è una condizione psicofisica studiata dalla American Psychological Association (APA) sin dal 2017. Nonostante il fenomeno sia oggetto di numerose ricerche, tuttavia non risulta attualmente inserito nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5). Con questo termine ci si riferisce infatti a un fenomeno che può essere considerato una preoccupazione reale e razionale, pur non trattandosi di una vera e propria patologia. Si tratta infatti di una condizione di paura cronica della rovina ambientale, associata ad un senso di perdita, alla mancanza di speranza e alla frustrazione dovuta all’incapacità di adattarsi al cambiamento climatico.

L’ansia climatica si riferisce ad avvenimenti che non si sono ancora verificati, per cui il malessere non è legato a disturbi da stress post-traumatico, ma ad un timore pressoché cronico per le minacce future. Si tratta di una condizione psicofisica alimentata dalla percezione di impotenza per il carattere globale del cambiamento climatico, che va ben oltre la possibilità di azione dell’individuo. L’ansia climatica può sfociare in attacchi di panico, depressione e insonnia. Si tratta di una reazione a una situazione difficile da affrontare, dovuta alla diffusa disconnessione dalla natura, sentita come qualcosa di estraneo e addirittura minaccioso.

La domanda ora sorge spontanea: esistono dei modi per gestire questa condizione psicologica? Il cambiamento climatico non è certo qualcosa che si subisce in modo passivo, anzi, ne siamo tutti più o meno responsabili, pertanto esistono dei metodi più o meno funzionali di gestione dell’ansia climatica, tra cui:

  1. Cambiare i propri comportamenti sociali ed economici, evitare quindi il consumo irresponsabile e l’acquisto compulsivo ed iniziare ad adottare forme di energia rinnovabile. Si tratta di trovare soluzioni concrete all’oggetto della propria paura.
  2. Promuovere politiche equilibrate e rispettose dell’ambiente, che sia a livello istituzionale o comunitario. Implementare pratiche eco-responsabili ha un diretto effetto positivo sulla psiche umana.
  3. Trascorrere del tempo immersi nella natura. Sviluppare un attaccamento all’ambiente naturale è un ottimo modo per alleviare lo stress e razionalizzare la propria condizione, stabilendo un contatto con l’oggetto della propria paura.