Tassare la fortuna è possibile. Facciamolo
Tassare la fortuna è possibile. Facciamolo

Tassare la fortuna è possibile. Facciamolo

Tassare la fortuna è possibile. Facciamolo

Il nostro è un Paese in cui dibattiti pubblici e politici, per tradizione, nascono e si sviluppano anche a seguito di una singola dichiarazione o proposta avanzata da un leader di partito. È accaduto anche con il segretario del Partito Democratico (PD), Enrico Letta.

Il nuovo segretario (che ha da poco preso il posto del dimissionario Nicola Zingaretti, attuale presidente della Regione Lazio), nei giorni scorsi ha condiviso un progetto a favore delle ragazze e ragazzi di diciotto anni: l’intenzione dei democratici sarebbe quella di assicurare ogni anno una dote da 10 mila euro, per circa 280 mila tra i meno abbienti di loro.

Attraverso tale contributo i beneficiari -nella visione di Letta- avrebbero la possibilità di emanciparsi (seppur parziale), dalla propria famiglia: aprire attività commerciali, organizzare viaggi di formazione all’estero o anche l’acquisto di una casa, diventerebbero progetti realizzabili per questi ragazzi e ragazze. L’obiettivo è salvaguardare il futuro di una parte di popolazione gravemente colpita dalle ripercussioni sociali che la pandemia ha portato.

Finanziare la dote

Un simile progetto, visto come punto di partenza per mettere al centro dell’agenda politica le future generazioni, richiede però alti costi e fondi aggiuntivi: il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) non presenta fondi o contributi per finanziare la dote; anche dal bilancio statale non verrebbero presi in considerazione eventuali scostamenti in tal senso (il debito derivato dai precedenti è già molto elevato).

La soluzione per rendere la dote per i diciottenni attuabile è stata formulata dallo stesso Partito Democratico e avanzata con decisione dal suo segretario: aumentare le imposte di successione sui patrimoni elevati.

Nella sua attuale formulazione, l’imposta riguarda esclusivamente i patrimoni ereditati che siano pari (o superiori) ad almeno un milione di euro, applicando un’aliquota fissa al 4%.

La modifica pensata dal PD consisterebbe nell’introduzione di una progressività nel patrimonio da tassare: la fascia fino al milione rimarrebbe inalterata, per poi applicare aliquote superiori, fino ad un massimo del 20% per i patrimoni oltre i 5 milioni di euro.

Un tale cambiamento permetterebbe all’Italia di allinearsi agli altri principali Paesi europei per quanto concerne il grado di tassazione dei patrimoni: in Germania l’aliquota massima è del 30%, nel Regno Unito del 40% e in Francia sfiora il 50%. Una differenza abissale che neanche la proposta di Letta colmerebbe del tutto, lasciando comunque il nostro Paese con un’aliquota massima tra le più clementi. Secondo calcoli approssimativi, la cifra che si potrebbe ottenere con questo intervento fiscale si aggira intorno ai 2,5-3 miliardi di euro.

La notizia ha generato inevitabili proteste da parte di quella popolazione (circa l’1% del totale) che verrebbe colpita dall’inasprimento, seppur moderato, della tassa. Una premessa però è necessaria: nessuno è contento di pagare tasse e contributi, ma nel sistema del Welfare State esse sono lo strumento che permette allo Stato di assolvere le sue funzioni verso i propri cittadini, favorendo l’equità sociale e la redistribuzione della ricchezza. Fa sempre bene ricordarlo.

Le differenze tra destra e sinistra esistono

Tutto il centrodestra unito, da Fratelli d’Italia (FDI) alla Lega passando per Forza Italia (FI), si è posto in modo fermo contro l’aumento della tassazione dei patrimoni, considerando anche i danni economici derivati dalla pandemia (per i ricchi?).

Lo stesso Matteo Salvini, Senatore e segretario della Lega, si è speso in attacchi mediatici e diretti contro il Partito Democratico, definendolo il “partito delle tasse”.

Nel solito meccanismo di continuo clima di propaganda elettorale, anche Giorgia Meloni, Deputata e presidente di FDI, si è allineata all’alleato di destra, criticando in modo aperto la proposta di Letta.

In “soccorso” dei due è intervento anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, il quale ha pubblicamente ammesso che ora non sarebbe «il momento di togliere soldi, ma di darli». Il pensiero è condivisibile ma nella fattispecie del contesto, togliere (relativamente poco) ad una percentuale minima di persone (che hanno tantissimo), permetterebbe a tanti di godere di benefici enormi.

I giorni di dibattiti politici hanno messo in evidenza, come non accadeva da tempo, le differenze tra destra e sinistra, con la prima interessata a salvaguardare una esigua ricca parte di popolazione a discapito di un’altra molto più numerosa, e la seconda che sta invece cercando di ritrovare la sua antica missione, ovvero tutelare quei ceti medi che negli anni passati sono stati lasciati soli da quella parte di politica nata per la loro difesa.