Escher, la rivincita di un genio incompreso
Escher, la rivincita di un genio incompreso

Escher, la rivincita di un genio incompreso

Escher, la rivincita di un genio incompreso

Maurits Cornelis Escher nacque il 17 giugno del 1898 a Leeuwarden, in Olanda.

Nonostante le sue opere grafiche siano divenute celebri per le impossibili composizioni spaziali e le enigmatiche geometrie, gli anni di studio non furono tuttavia cosa facile per l’artista, tanto da portarlo a dichiarare: «non una volta mi diedero una sufficienza in matematica».
 
Dopo aver conseguito il diploma, Escher si stabilì ad Haarlem per seguire i corsi di architettura alla Scuola di Architettura e Arti Decorative, come voleva suo padre. Tuttavia, ben presto abbandonò gli studi per iscriversi ai corsi di disegno dell’insegnante di grafica Samuel Jesserun de Mesquita.

È nel 1922 che, durante un viaggio in Spagna, Escher rimase colpito dalla grandiosa complessità delle decorazioni moresche presso l’Alhambra e scoprì la tecnica dei “disegni periodici”, che iniziò ad applicare come costante nelle sue opere: una suddivisione regolare della superficie piana.

Le tecniche privilegiate da Escher erano la litografia (incisione delle immagini a rovescio sulla pietra) e la xilografia (incisione su tavole di legno, successivamente inchiostrate e utilizzate per realizzare più copie dello stesso soggetto). La scelta di queste tecniche era funzionale alle sue creazioni, oltre ad avere in comune la necessità di pensare e realizzare il disegno al contrario, scavando, come nel negativo di una foto.

Sebbene Escher non abbia mai aderito ufficialmente a un particolare movimento pittorico, le sue opere sono considerate appartenenti al Surrealismo. In realtà, Escher, non solo si sentiva estraneo ai movimenti artistici della sua epoca, ma si dichiarava addirittura più vicino al mondo dei matematici e degli scienziati, come dimostrano le sue parole: «anche se non ho avuto un’istruzione o conoscenze in scienze esatte, mi sento spesso più vicino ai matematici che ai miei colleghi artisti».
In effetti, la critica d’arte del suo periodo lo considerava un personaggio di confine e gli artisti lo allontanavano dalla loro cerchia poiché ritenevano che le sue opere fossero troppo “razionali ed oggettive”, lontane dal gusto più personale e poetico che permeava il mondo dell’arte di allora.

Anche se gli artisti coevi trovarono difficoltosa la comprensione delle impossibili architetture di Escher ed il suo personale modo di rappresentare la realtà, non possiamo che riconoscere in questo artista la spinta ad aver dimostrato quanto tra arte e matematica non esistessero, in realtà, confini netti e quanto l’una si servisse dell’altra.

Escher, uomo del XX secolo, incarnò quell’empirismo proprio dei pittori degli ultimi anni del Trecento, che in modo inconsapevole cercarono di desumere le leggi scientifiche alla base della rappresentazione geometrica dello spazio. Tuttavia, egli non si limitò alle regole della prospettiva, ma trovò il modo di superarla, ribaltando la normale percezione dello spazio mediante la sapiente fusione di diverse visioni generate da punti di fuga posti al di fuori del disegno stesso, ed esplorando graficamente le conquiste concettuali della relatività di Einstein.