Distribuire i vaccini con equità è l’unica strada per uscire dalla pandemia
Distribuire i vaccini con equità è l’unica strada per uscire dalla pandemia

Distribuire i vaccini con equità è l’unica strada per uscire dalla pandemia

Distribuire i vaccini con equità è l’unica strada per uscire dalla pandemia

La pandemia in corso ci ha insegnato che le malattie infettive nell’era della globalizzazione e dei cambiamenti climatici hanno una capacità di diffusione molto più efficace ed estesa rispetto al passato e quindi necessitano di una adeguata risposta internazionale. Tuttavia, gli strumenti di lotta al coronavirus – con particolare riguardo alle vaccinazioni – non risultano fruibili in tutte le parti del globo, riflettendo le disparità tra il Nord e il Sud del mondo in ambito sanitario. Attualmente, come affermato dai vertici dell’Organizzazione Mondiale della Santià (OMS) il 75% dei vaccini sono stati infatti somministrati in soli 10 Paesi e in particolare in Africa solo il 5% della popolazione ha ottenuto la prima dose. Si stima che entro la fine dell’anno i Paesi più ricchi avranno un surplus di dosi, mentre invece i cittadini dei Paesi poveri dovranno aspettare il 2023 per essere vaccinati. Il motivo di questa discrepanza deriva dai monopoli delle case farmaceutiche che fanno lievitare i prezzi dei vaccini, permettendo solo ai governi che sono in grado di sostenerne i costi di riceverne la quantità sufficiente. Il ritardo delle vaccinazioni nella parte più fragile del globo provocherà inevitabilmente diversi problemi di portata mondiale:

  • la maggiore durata della pandemia e la possibile diffusione di nuove mutazioni del virus;
  • la mancata protezione per le persone vulnerabili;
  • le ingenti perdite per l’economia internazionale.

Per questi motivi, organizzazioni internazionali e regionali si sono impegnate a ideare degli strumenti appropriati per garantire agli Stati più deboli di usufruire dei mezzi necessari per affrontare la pandemia.

Il G20 Salute

Il 5 e 6 settembre 2021 si è tenuto un incontro del G20 Salute a Roma, presso i Musei Capitolini, legato al più ampio programma della Presidenza italiana “People, Planet, Prosperity” che pone il benessere umano in stretta correlazione con quello ambientale. La conferenza riprende i pilastri del Global Health Summit, secondo il quale la crisi non sarà terminata fino a quando tutti i Paesi non saranno in grado di controllare la malattia. Pertanto, la vaccinazione su vasta scala e altre misure appropriate in materia di salute pubblica sono considerate priorità assolute, insieme al ritorno di una crescita economica forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva. 

La prima sessione è stata dedicata alle ripercussioni del Covid-19 sui risultati di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 dell’ONU, con particolare riguardo al diritto universale di accesso alle principali cure sanitarie. Se prolungate nel tempo, le emergenze sanitarie di portata internazionale rallentano il progresso di decenni, esacerbando le disuguaglianze nel mondo. Il messaggio centrale del G20 Salute è “build back better“, cioè il raggiungimento di una maggiore resilienza che permetta a tutti i Paesi di risollevarsi dalle crisi. Per fare ciò è necessario attivarsi per migliorare i sistemi sanitari su scala globale, nazionale e locale, a partire dalle cd. “core capabilities“, ovvero le capacità essenziali che ogni Paese deve sviluppare secondo il Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) redatto dall’OMS nel 2005. Investire importanti risorse nella salute e nel benessere sarà di assoluta rilevanza per sostenere nel lungo periodo il progresso non solo sanitario, ma anche socioeconomico, così da raggiungere una maggiore prosperità condivisa. La ripresa deve, inoltre, tenere conto delle lezioni apprese durante la pandemia con l’obiettivo di costruire un futuro più adatto alle sfide del nostro tempo. 

Durante la seconda sessione la questione è stata approfondita: le maggiori economie mondiali si sono chieste come prevenire, prepararsi e dare risposta alle pandemie del futuro in maniera omogenea, considerando che l’OMS dovrà continuare a essere il perno della collaborazione e coordinamento a livello internazionale. Nella riunione è stato sottolineata l’importanza delle raccolte dati e della loro condivisione transfrontaliera, nonché la formazione dei professionisti della salute nella gestione delle pandemie. 

Infine, la terza sessione ha affrontato i cd. “control tools” e le migliori strategie globali per una produzione e distribuzione equa dei vaccini, dei medicinali e della diagnostica. La proposta è di proseguire con un forte coordinamento tra ricerca della comunità scientifica, collaborazione con enti internazionali e partnership pubblico-private. I ministri hanno anche discusso su come assicurare l’accesso ai vaccini a tutta la popolazione mondiale. Per fare ciò, occorre colmare il deficit finanziario dell’Access to Covid-19 Tools Accelerator (ACT-A). Questo dispositivo è stato creato dall’OMS, dall’UE e da altre organizzazioni sanitarie e riunisce governi, scienziati, società civile, enti di beneficenza e organizzazioni sanitarie a livello mondiale.

Gli obiettivi principali sono:

  • accelerare lo sviluppo di vaccini, test e cure per il Covid-19;
  • garantire un accesso equo a essi in tutto il mondo;
  • rafforzare i sistemi sanitari.

Il dibattito continuerà a ottobre con un nuovo G20 dove saranno presenti anche i Ministri delle Finanze per migliorare l’architettura globale della sanità mediante un sostegno finanziario.                                     

Il COVAX e l’Unione europea

Il primo pilastro dell’Acceleratore sopra menzionato è stato messo in pratica da un dispositivo internazionale, il COVAX, che ha l’obiettivo di velocizzare lo sviluppo e la produzione di vaccini anti Covid-19 e garantirne un accesso equo in tutto il mondo. Questa iniziativa è guidata dal Gavi (l’Alleanza per i vaccini), l’OMS e la coalizione per le innovazioni in materia di preparazione alle epidemie (CEPI). Ad oggi, 141 Paesi partecipano allo strumento COVAX. L’obiettivo è di fornire almeno 2 miliardi di dosi ai Paesi a reddito più basso entro la fine del 2021, una quantità sufficiente per proteggere le persone ad alto rischio e/o vulnerabili. Grazie a questo strumento, gli Stati più ricchi si autofinanziano o negoziano accordi bilaterali con i produttori di vaccini, creando una polizza assicurativa per i propri cittadini. Per le nazioni povere, che invece vengono finanziate, il COVAX è una vera e propria ancora di salvezza contro il Covid-19. In base alla disponibilità di fondi, questi riceveranno dosi sufficienti per vaccinare fino al 20% dei loro cittadini a lungo termine. Massimizzando la disponibilità di vaccini, si auspica una maggior quantità di dosi somministrate in futuro. 

Grazie all’impegno della Commissione europea, anche l’Unione europea sta guidando una risposta multilaterale per far sì che nessuno venga lasciato indietro. Il 21 maggio 2021 l’UE ha lanciato un finanziamento per il COVAX da 1 miliardo di euro per aiutare i Paesi bisognosi, soprattutto quelli africani, producendo allo stesso tempo un beneficio per tutta la comunità internazionale. L’UE utilizza accordi di acquisto anticipato, grazie ai quali richiede ai produttori di mettere a disposizione la loro capacità produttiva per rifornire tutti i Paesi e sollecita il libero flusso di vaccini e materiali senza restrizioni all’esportazione. Basandosi su questa strategia, l’UE è in procinto di istituire un meccanismo di condivisione per reindirizzare alcune dosi acquistate mediante il meccanismo COVAX. 

Per uscire definitivamente dalla pandemia, ci si aspetta pertanto un’accelerazione della produzione dei vaccini e una maggiore disponibilità dei Paesi finanziatori ad aiutare quelli più poveri e in difficoltà. Solo in questo modo sarà possibile garantire una distribuzione equa e sicura della migliore arma contro il coronavirus in tutto il mondo.

Editing e fact checking a cura di Alice Spada