Berlusconi Capo dello Stato è la promessa di un Paese senza futuro
Berlusconi Capo dello Stato è la promessa di un Paese senza futuro

Berlusconi Capo dello Stato è la promessa di un Paese senza futuro

Berlusconi Capo dello Stato è la promessa di un Paese senza futuro

L’evento politico di maggior rilievo di questo inizio anno è, senza dubbio, l’elezione del nuovo presidente della Repubblica: sono iniziate da mesi le trattative e i dialoghi tra i partiti per decidere chi succederà a Sergio Mattarella.

Il 24 gennaio è prevista la prima votazione in Parlamento e mai come quest’anno stiamo assistendo ad incertezze e difficoltà- che non mancano mai in realtà- da parte della classe politica a convergere su uno o più nomi che possano trovare consenso tra i vari schieramenti.

A rendere ancora più complessa la trattativa è stato l’annuncio formale del centrodestra di voler candidare Silvio Berlusconi (presidente di Forza Italia ed europarlamentare), a seguito di una riunione tenutasi tra l’ex presidente del Consiglio e i suoi alleati Matteo Salvini (senatore e segretario della Lega) e Giorgia Meloni (deputata e presidente di Fratelli d’Italia). Candidatura che ha trovato la ferma opposizione, almeno a parole, del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. Anche molti analisti ed esperti hanno sollevato perplessità: di colpo ci siamo ritrovati nel 1994, con un’altra “scesa in campo” di Berlusconi con il rischio concreto di trovarci catapultati politicamente indietro di 30 anni. Sebbene tale pericolo sia stato sventato dallo stesso fondatore di Forza Italia, che ha ritirato la propria candidatura pochi giorni prima dell’inizio delle votazioni a Montecitorio per evitare un disastro personale e politico, rimangono intatte tutte le riflessioni che ci hanno accompagnato nei giorni precedenti tale annuncio: Berlusconi resta il peggior candidato per la Presidenza della Repubblica.

Il peggior candidato per le nuove generazioni?

Una delle maggiori preoccupazioni riguarda la sua età: 85 anni. Ciò lo avrebbe reso il più anziano Capo di Stato da quando è stata istituita la Repubblica italiana. Più che un “nonno” delle istituzioni, si direbbe un “bisnonno”.

Colui che sarebbe andato a rappresentare l’unità della Nazione, sarebbe stato anche un demagogo da sempre lontano ed indifferente alle esigenze delle nuove generazioni. Non vogliamo certo basare tale affermazione (solo) sulla sua carta d’identità, ma soprattutto sulla sua lunga stagione politica ed istituzionale, mettendo anche da parte le questioni giudiziarie (ricordiamo che stiamo parlando di un condannato in via definitiva, con altri processi in corso), private e manageriali (l’improprio utilizzo delle sue emittenti per un tornaconto personale). Già questi “dettagli” rendono bene l’idea del perché egli non fosse il candidato ideale per la carica pubblica più importante, né per nessun’altra di esse in realtà. Ma se per quelle è troppo tardi, si è invece potuta evitare la possibilità di appendere nelle aule dei tribunali la foto di un Presidente della Repubblica condannato per frode fiscale.

Nei suoi mandati come capo del Governo, Berlusconi ha sfruttato il Parlamento come strumento personale per far approvare le c.d. leggi “ad personam”,  volute col solo scopo di portare vantaggi a se stesso, ai suoi amici e alle sue aziende. Basti ricordare il c.d.  “Lodo Alfano”, approvato nel 2008 per salvare Berlusconi dall’ennesimo processo (Mills): la legge prevedeva la sospensione sine die dai processi in corso per i Presidenti del Consiglio (suo ruolo dell’epoca), della Repubblica, del Senato e della Camera. Legge bocciata, infine, dalla Corte costituzionale. Non male per chi si candida ad essere il primo garante della costituzionalità delle leggi.

Non si può non ricordare, inoltre, i rapporti intercorsi con Marcello Dell’Utri, suo stretto collaboratore e cofondatore di Forza Italia: Dell’Utri è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e c’è chi pensa- senza poterlo provare- che fosse anche l’uomo di mezzo tra l’ex cavaliere e Cosa Nostra.

Gravissima anche la sua condotta e il suo atteggiamento di sprezzante ed imperante sessismo. Un tratto della sua personalità che Berlusconi non ha mai voluto/potuto nascondere in alcuna occasione: fu una vergogna nazionale leggere su molti giornali internazionali le parole, da censura, con cui Berlusconi insultò l’allora Cancelliera tedesca Angela Merkel. Ebbe modo di portare il suo sessismo cronico perfino all’interno delle istituzioni europee, oltre che in Italia, senza soluzione di continuità.

Fin dagli inizi della sua sortita in politica, l’ex Cavaliere ha mantenuto una posizione ideologica liberale e, soprattutto, ha mantenuto intatto quel conservatorismo cristiano tipico della destra italiana. Una posizione che ha spinto i suoi governi ad interessarsi quasi esclusivamente di mantenere una politica economica di stampo liberista, tralasciando spesso e volentieri le esigenze e gli interessi di larga parte del Paese, soprattutto giovani, minoranze e persone in difficoltà (richiedenti asilo, poveri e donne vittime di violenza di genere).

L’esempio a noi più vicino, in linea cronologica, riguarda il Disegno di legge Zan, sostenuto da gran parte della società civile e in particolar modo dai giovani, e fallito a causa della maggior parte degli esponenti di centrodestra (con un contributo di una bassa percentuale del centrosinistra).

Numerose furono le proteste e manifestazioni a sostegno del DDL, puntualmente ignorate dal presidente di Forza Italia. Il dubbio, per così dire, si pone in modo spontaneo: quali garanzie avrebbe potuto dare Berlusconi, in quanto figura garante della nostra Costituzione, a quelle persone già ferite e deluse dalle azioni del suo campo ideologico? Molto poche, se non nessuna. Come presidente della Repubblica non si può scegliere di quale parte di nazione essere il garante.

Se da un punto di vista della coesione sociale il contributo della stagione politica di Berlusconi è stato molto carente, quello dato ad un settore vicinissimo alle nuove generazioni, come l’istruzione, non risulta essere migliore. Due parole su tutte, per definire il contesto:Riforma Gelmini, dal nome dell’allora ministra per l’Istruzione ed esponente di Forza Italia, Mariastella Gelmini (attuale ministro per gli Affari regionali). La citata riforma è un insieme di atti normativi (emanati dal 2008 al 2010), che ha contribuito a modificare in modo profondo il sistema scolastico, con effetti ancora oggi impressi nella mente.

Mariastella Gelmini, Ministra per gli Affari regionali

Basti ricordare i corposi tagli ai finanziamenti pubblici alla scuole e alle università e all’introduzione della figura del “maestro unico”. Seguirono un elevato numero di proteste studentesche e di insegnanti contro l’ennesimo danno alle giovani generazioni in nome della presunta stabilità economica. Ulteriore dimostrazione di un politico indifferente alle esigenze di una determinata (e ben identificata) parte di popolazione, la quale, probabilmente, non facendo parte del suo elettorato tipo, non viene ritenuta “utile”, e quindi degna, di essere salvaguardata.

Non sappiamo chi sarà il nuovo presidente della Repubblica, troppe le variabili in campo, ma sappiamo bene chi non avrebbe mai potuto ricoprire tale ruolo.

Editing e fact checking a cura di Claudio Annibali